Carmignac – Prospettive per la Seconda Metà del 2024

Data di pubblicazione
11 giugno 2024
Tempo di lettura
5 minuto/i di lettura

Divergenze, dilemmi e dibattiti

  • La sincronizzazione economica ha ceduto il passo alla divergenza.
  • Negli Stati Uniti, il persistere dell’inflazione frena i propositi di allentamento monetario della Federal Reserve (Fed). Nel frattempo, l’Europa ha iniziato a ridurre i tassi di interesse. Il Giappone deve fronteggiare il crollo dello yen, e il dilemma della Cina tra indipendenza monetaria e stabilità sul mercato dei cambi sta raggiungendo l’apice.
  • È probabile che la frammentazione geopolitica, nel contesto di una campagna elettorale piena di tensioni negli Stati Uniti, subisca un’accelerazione e comprometta le valutazioni elevate degli asset.
  • Si prevede che il trend dei mercati finanziari in prospettiva futura non sia così lineare come negli ultimi sei mesi.
  • In questo contesto, con il rischio che si registrino nuovi shock inflazionistici trainati dall’offerta nel 2025, vengono privilegiate le scadenze più a breve termine dei titoli governativi, il credito e una strategia “barbell” che combina coperture contro l’inflazione e la selezione di titoli azionari di qualità a basso rischio.

Prospettive economiche – Raphaël Gallardo, Chief Economist

“Il 2024 è iniziato all’insegna di un certo ottimismo, ma le speranze per una ripresa sincronizzata sono svanite.

I diversi gradi di persistenza dell’inflazione e la resilienza del mercato del lavoro hanno determinato una divergenza nella crescita dei salari reali nei paesi sviluppati: continua accelerazione nel Regno Unito e nell’area dell’euro, rispetto a rallentamento in Giappone e negli Stati Uniti. La sincronizzazione è prevalente solo nella ripresa del ciclo manifatturiero, come confermato dalle ultime indagini presso le imprese in Corea del Sud, Taiwan, Germania e Svezia.

Negli Stati Uniti, la debolezza dei consumi dovrebbe essere parzialmente controbilanciata dalla ripresa degli investimenti delle imprese, trainata dalle politiche industriali (rimpatrio dei processi produttivi, decarbonizzazione), dal riarmo e dalla corsa all’intelligenza artificiale (IA). Di conseguenza, il nostro scenario di riferimento continua a essere incentrato su un rallentamento economico graduale e incompleto, con una probabilità ristretta di due tagli dei tassi da parte della Fed per l’anno in corso. Tuttavia, il rallentamento ciclico fa sì che l’economia giochi a sfavore di Biden nelle elezioni di novembre. Una vittoria dei Repubblicani introdurrebbe politiche di stagflazione (dazi, deportazioni e tagli dei tassi privi di coperture finanziarie, anche se la deregolamentazione stimolerebbe la crescita potenziale).

Al contrario, l’area dell’euro rappresenta un punto di forza. La disinflazione guidata dall’offerta e il ritardo nel recupero dei salari rispetto al precedente periodo inflazionistico consentono alla Banca Centrale Europea di ridurre i tassi di interesse, con un’iniziale ripresa sia delle esportazioni che dei consumi. Lo spostamento a destra nelle elezioni europee si rivelerà un contraccolpo per il programma green, ma imprimerà un’accelerazione al rimpatrio dei processi produttivi attraverso l’incentivazione di piani di contrasto alla Cina.

In Giappone si prospetta un’altra falsa partenza. L’indebolimento dello yen mieterà un’altra vittima tra i Primi Ministri giapponesi a settembre. La svalutazione dello yen sta compromettendo il potere d’acquisto dei consumatori, in un’economia in cui i costi per l’importazione di materie prime rappresentano il 10% del PIL, e i beni e i servizi pubblici costituiscono il 50% del paniere dell’IPC1. Il mix delle politiche dovrebbe sostenere il rafforzamento dello yen, finalizzato all’avvio di una crescita trainata dai consumi. Dopo il fallimento degli interventi sul mercato dei cambi, la Bank of Japan potrebbe optare per l’inasprimento monetario.

L’economia cinese è ancora in fermento grazie allo stimolo delle politiche a breve termine, ma i driver delle “nuove forze produttive di qualità” dovrebbero esaurirsi in tempi brevi: le esportazioni si trovano ad affrontare il crescente protezionismo dei paesi occidentali e il credito al settore industriale ha raggiunto il livello massimo nel 2023. Nel medio periodo, la politica estera di Xi è incompatibile con il modello di sviluppo attuale incentrato sulle esportazioni. La Cina ha bisogno di tassi reali negativi per ridurre il proprio debito interno, ma la conseguente svalutazione dello yuan si scontrerebbe con altre reazioni protezionistiche nel resto del mondo.

Tuttavia, al di là delle questioni interne, saranno i fattori geopolitici a trainare le economie nei prossimi anni. Siamo entrati in una fase di “seconda guerra fredda”, iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. È una guerra commerciale, una guerra finanziaria, una corsa agli armamenti convenzionali e una corsa verso la tecnologia. Prevediamo un aumento delle tensioni nella seconda metà dell’anno. Il nuovo modello geopolitico alimenta i rischi di shock inflazionistici legati all’offerta, ma determina anche un ciclo di investimenti delle imprese, mentre gli Stati Uniti e la Cina cercano reciprocamente di superarsi in termini di armamenti e tecnologia.”

Strategia di investimento – Kevin Thozet, Membro del Comitato di Investimento

“Il livello elevato dei tassi di interesse reali, i primi segnali di rallentamento e la possibilità di un’opzione “put della Fed” in caso di brusco deterioramento dell’economia, sostengono il graduale aumento dell’esposizione ai tassi di interesse. L’atteggiamento accomodante di Powell, Presidente della Fed, che alimenta l’allentamento delle condizioni finanziarie, nonostante la posizione ufficiale di “tassi elevati per un periodo più prolungato”, dimostra che la capacità di reazione della Fed è convessa: in caso di aumento dell’inflazione manterrà i tassi di interesse ai livelli attuali, mentre in caso di calo dell’occupazione ridurrà fortemente i tassi ufficiali.

Tra i titoli governativi, vengono privilegiate le scadenze a due anni. I tassi a lungo termine potrebbero sottoperformare, dato l’ottimistico trend disinflazionistico e l’aumento del debito pubblico in un momento in cui le autorità monetarie stanno cercando di effettuare “tagli a titolo prudenziale” e di ridurre i loro bilanci. Sui mercati del credito, i premi non sono lontani dai livelli minimi precedenti o da quelli storici. Storicamente, la combinazione di rendimenti obbligazionari bassi e spread creditizi bassi ha giocato a sfavore di questa asset class, ma l’attuale contesto di rendimenti più elevati fa sì che gli spread del credito agiscano come incentivo per i rendimenti degli investitori e come ammortizzatore della volatilità.

A livello storico, in un contesto di correlazione negativa tra i prezzi delle azioni e quelli delle obbligazioni, i vantaggi della diversificazione degli asset a rischio “basso” ed “elevato” hanno svolto un ruolo importante nella costruzione del portafoglio. Di conseguenza la “frontiera efficiente” di Markowitz2 è stata al servizio degli investitori per decenni. Tuttavia, ci troviamo in un nuovo mondo. La correlazione tra i prezzi azionari e quelli obbligazionari è passata da negativa a positiva con il cambiamento della natura dell’inflazione. L’inflazione odierna (shock legati alle materie prime, interruzioni delle catene di approvvigionamento, embarghi..) è guidata dall’offerta, non dalla domanda; ciò significa che l’inflazione potrebbe persistere nonostante l’affievolirsi della domanda aggregata, e quindi la frontiera efficiente è passata da convessa a concava annullando i vantaggi della diversificazione.

Pertanto, per reintrodurre la diversificazione nei portafogli, gli investitori devono detenere coperture contro l’inflazione, quali oro o altre materie prime, nonché titoli azionari con valutazioni più basse. Ma tali coperture sono anche asset fortemente volatili; sono asset di decorrelazione ma non a basso rischio. Ne consegue che devono essere compensati con titoli azionari di qualità “a basso rischio”, come quelli delle mega capitalizzazioni tecnologiche e farmaceutiche, che beneficiano sia di un’elevata crescita degli utili che di una posizione oligopolistica.

Una strategia “barbell” può proteggere dal rischio di ritorno della correlazione, e tale approccio può essere adottato nell’ambito di diverse tematiche promettenti e, innanzitutto, nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Combiniamo titoli azionari di qualità a basso rischio lungo tutta la catena del valore e titoli appartenenti ai settori dei servizi pubblici e dell’energia che trarranno vantaggio dalle relative esigenze di elettrificazione. In secondo luogo, la “new economy” ha ripercussioni sulla “old economy”. L’Europa si trova in una posizione diversa, con prospettive di ripresa ciclica non ancora inflazionistica. Quest’area geografica vanta aziende leader nel settore sanitario e in quello dei beni di largo consumo, oltre che in settori con valutazioni interessanti e maggiormente esposti al ciclo economico. In terzo luogo, si può cercare di trarre profitto dall’ambivalenza degli investitori nei confronti dei mercati emergenti, tra il paese più amato e quello più odiato (ma in cui poter investire). L’India, il paese più amato, presenta un forte potenziale di crescita economica rafforzato dagli investimenti delle imprese, e beneficia della strategia “China Plus One” delle aziende che mirano a diversificarsi in altri paesi. Ciò dovrebbe tradursi in utili societari costanti. Mentre in Cina, oltre 5.000 società quotate offrono una vasta serie di opportunità nell’ambito (vasto) dei titoli azionari “value”.

Nel breve termine, si prevede che la tradizionale strategia di ‘risk parity’ torni utile alla costruzione del portafoglio, ma con il nuovo aumento del rischio di inflazione nel lungo periodo dovrebbe prevalere la strategia di “risk parity” sull’inflazione. Tale andamento dovrà essere enfatizzato nelle strategie di investimento in prospettiva futura.”

1Fonte: Bloomberg, giugno 2024. 2Il padre della moderna teoria della costruzione del portafoglio.

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