Aprile 2019
Dall’inizio di marzo, niente ci induce a variare il nostro messaggio fondamentale: lo scontro tra rallentamento economico e inasprimento monetario si è manifestato e non fa più notizia. Il rallentamento economico ha proseguito per la sua strada, ma le Banche Centrali hanno percepito il cambiamento negativo e nel mese di marzo hanno continuato ad ammorbidire la loro posizione.
Tra la speranza di una ripresa economica vigorosa “come nel 2016” e il timore di un’inevitabile deriva verso la recessione, pare che i mercati azionari si stiano strutturando in modo più modesto in base alla prospettiva di un’attività economica in fase di stabilizzazione a livelli mediocri, indicativa di politiche monetarie ancora favorevoli.
Al di fuori della Cina la crescita globale resta in fase di rallentamento, e gli indicatori anticipatori del ciclo economico continuano a presentare un andamento negativo nel loro complesso. Per quanto riguarda la Cina, una verifica in loco condotta dai nostri team il mese scorso ci ha confermato che il paese dovrebbe riuscire a stabilizzare il proprio ritmo di attività, in particolare nel settore industriale.
In questo contesto, sicuramente non incoraggiante, i mercati azionari e obbligazionari rispecchiano una view sulle prospettive economiche complessivamente molto prudente, nel momento in cui i primi segnali di inversione di tendenza, ancora molto modesti, si stanno manifestando. Pertanto, oltre ai primi segnali concreti di stabilizzazione dell’attività manifatturiera cinese, la quota di revisioni al ribasso delle stime sui risultati delle imprese da parte degli analisti, quota ancora ampiamente prevalente nel suo complesso, si è leggermente ridotta.
La sfida per i mercati è ora quella di valutare in che misura le politiche monetarie e fiscali, ormai diventate effetti di ritorno positivi, possano riuscire ad arginare il rallentamento economico in atto, o addirittura a invertirne la tendenza come nel 2016.
Sul piano fiscale, il contesto è contrastante nel suo complesso. È abbastanza favorevole in Europa, soprattutto a causa delle pressioni sociali in Francia, della volontà politica in Italia e del deterioramento economico in Germania. In Cina le spese per le infrastrutture e quelle militari, totalmente sotto il controllo del governo centrale, dovrebbero rispettare l’obiettivo. Per quanto riguarda il sostegno all’economia statunitense, fornito dalla riforma fiscale del 2017, è confermato ma quest’anno dovrebbe rappresentare soltanto 0,6 punti del PIL.
Anche nell’ambito monetario, il giudizio deve essere positivo ma misurato. Dopo l’inversione di tendenza della Banca Centrale statunitense, la stragrande maggioranza delle altre Banche Centrali a livello mondiale ha annunciato di essere ormai pronta ad abbassare nuovamente la guardia se necessario, sulla base di aspettative di inflazione basse a livello globale. È tuttavia evidente che i margini di azione effettivamente disponibili si siano fortemente ridotti, quanto meno a breve termine.
Lo scenario di una continua attenuazione del deterioramento economico ancora per qualche mese è quindi plausibile, accompagnato almeno inizialmente da politiche monetarie ancora favorevoli, anche se poco incisive. Nel breve periodo, questo contesto può bastare ad alimentare la fiducia degli indici azionari in una graduale ripresa economica e in un consolidamento dei mercati obbligazionari.
Come illustrato il mese scorso, tranne che nel caso di shock politici esogeni, nel corso dei prossimi mesi la performance dei fondi dovrà continuare a essere ricercata ancora di più nelle costruzioni di portafogli equilibrati, costituiti da una componente leggermente più significativa di titoli ciclici, e nella selezioni di titoli a buona visibilità.
Il 2018 ha rammentato quanto i mercati azionari siano diventati dipendenti dalla fiducia nel potere delle Banche Centrali di offrire agli investitori la liquidità richiesta. Questa assuefazione alla manna monetaria amplifica la questione della credibilità delle Banche Centrali come scenario di riferimento. Da questo punto di vista, è particolarmente imbarazzante che attualmente l’ottimismo dei mercati azionari sia parzialmente alimentato dal ripetuto fallimento delle Banche Centrali ad ancorare le aspettative di inflazione a livelli accettabili, un insuccesso che induce a scommettere sul protrarsi dei loro sforzi per far aumentare l’inflazione.
L’attuale posizionamento molto prudente dei mercati giustifica una certa assunzione del rischio a breve termine, a maggior ragione alla luce dei primi segnali di stabilizzazione economica individuati nelle ultime settimane. Tuttavia l’equilibrio dei mercati finanziari, e in particolare di quelli valutari, poggia su basi fondamentalmente fragili, che giustificano il mantenimento di un livello elevato di attenzione nel medio periodo.
Fonte: Bloomberg, 01/04/2019